8^ week

E questo è il post più difficile da scrivere o meglio è quello che avrei voluto scrivere il più tardi possibile, perché segna la fine del lungo viaggio, quello iniziato 2 mesi prima, con un biglietto di sola andata, direzione Est.

Ed eccomi qui a raccontare dell’ultima tappa, del ritorno negli USA, della famiglia che si riunisce nella sua quasi totalità.

Il titolo del post è una variazione sul tema di una delle più belle canzoni dei Beatles, forse una delle più irriverenti e distante dai “poteri costituti”, in grado di prendersi gioco della guerra fredda, cantando delle spiagge dorate di Miami, passando per le giovani bellezze ucraine e le impertinenti ragazze russe e georgiane. Un brano scanzonato che solo due geni come John Lennon e Paul McCartney avrebbero potuto scrivere, incuranti delle critiche ricevute per aver cantato di una eroica spia russa.

Ma ecco che, grazie ad un gioco di coincidenze e scali aerei quasi “perfettamente” impeccabile, se non fosse per la cancellazione del volo “Los Angeles – Indianapolis“, è al Terminal 3 dell’aeroporto di La Guardia – NYC che riabbracciamo quanto di più caro.

I primi 4 giorni di questi dieci giorni di vacanza è tutta dedicata a New York City. Ripercorriamo strade e passiamo sotto grattacieli che abbiamo già visto in passato, continuando ad emozionarci come la prima volta. Central Park, il MoMa, la Fifth Avenue, sembra di stare a casa. La metropoli appare però più caotica del solito, alcuni luoghi sono decisamente peggiorati rispetto a qualche anno fa. Ma la magia resta.

Raccontare in un unico post NYC è pressoché impossibile, meglio lasciare spazio alle foto.

La 2^ tappa di questo viaggio negli U.S. è Boston, verso Nord. La città, dal chiaro stile British, abitata da poco più di 500 mila abitanti, è meno frenetica della grande mela. Una cittadina a misura d’uomo, dove lo sport la fa da padrona.

Baseball, hockey su ghiaccio, basket; abbiamo solo l’imbarazzo della scelta e fra le tante opportunità, non possiamo rinunciare ad una partita dei Red Sox cosi come all’incredibile spettacolo del TD Garden, dove assistiamo ad un match dei Boston Celtics.

Saranno 3 giorni di freddo intenso. La corrente fredda del Labrador fa la sua parte e le temperature sono vicine allo zero. Le giornate corrono veloci, Boston resterà nel nostro cuore.

Ritorniamo in aereo a NYC dove un’auto ci aspetta per il weekend di Pasqua nell’Hudson Valley.

E’ l’America patriottica della prima ora, quella della guerra di indipendenza che porterà alla nascita della grande superpotenza che conosciamo. E’ l’America dei market agricoli in ex chiese sconsacrate, degli sport nei college, delle distillerie nate nella clandestinità.

Un’America di provincia un pò retrò, per nulla rappresentativa di quella grandezza che è nell’immaginario collettivo.

Trascorse le vacanze pasquali nella provincia a nord di New York, la nostra Pasquetta è per le strade di NYC dove ci concediamo un tour in auto fra Harlem, Central Park e Wall Street, lungo le Avenue che da nord a sud attraversano Manhattan.

E siamo ai titoli di coda. Partiamo da 2 aeroporti differenti con 2 voli differenti. L’appuntamento è il giorno dopo a Roma, a casa.